sabato 3 maggio 2008

Il centralismo carismatico

di Francesco Cundari, pubblicato su www.leftwing.it

Nella nuova stagione, nel nuovo bipolarismo, ma soprattutto nel nuovo partito che Walter Veltroni ha guidato alle elezioni del 13 e 14 aprile, a quanto pare, non è previsto il dissenso. Non sono ammesse critiche da parte di eletti, elettori o dirigenti del Pd, che sarebbero un segno di resistenza al cambiamento, manovre di apparato, trame di palazzo. Insomma, un complotto. E non sono ammesse critiche neppure dalla stampa.“I giornali abbondano di rampogne e di suggerimenti nei suoi confronti – ha provato a dire sabato un giornalista dell’Unità – ad esempio il Riformista…”. La frase è rimasta in sospeso. “Liberiamoci dai condizionamenti dei giornali che vengono letti prevalentemente da quelli che fanno politica – lo ha interrotto Veltroni – il Riformista, peraltro di proprietà di un parlamentare eletto dal Pdl, vende 2000 copie e fa la spiega a noi che abbiamo preso 12 milioni di voti. Mi verrebbe da dire: per prima cosa pensa a vendere di più tu”.Il lettore dell’Unità non saprà mai di quali “rampogne” e di quali “suggerimenti” parlasse il giornalista, né cosa avesse da dire il Riformista al segretario del Pd. Chiarito che il quotidiano diretto da Antonio Polito non ha titolo per parlare, infatti, l’intervista passa serenamente oltre. L’evocazione del Riformista serve soltanto ad ammonire i lettori dell’Unità a non giocare con quei bambini, a non parlarci, ma soprattutto a non ascoltarli. Fa parecchio freddo, in questa nuova stagione. E’ bene rientrare in casa presto, senza fermarsi a parlare con gli sconosciuti.Se il nuovo corso non prevede critiche, figurarsi se prevede autocritiche. Il voto del 13 e 14 aprile ha lasciato il Pd al 33,1 per cento, consegnato a Silvio Berlusconi la più solida maggioranza di sempre, ridotto all’impotenza l’Udc, cancellato la Sinistra arcobaleno. Quello che esce dalle urne è il parlamento più a destra nella storia della Repubblica. Grazie al voto utile, il Pd ha raccolto buona parte del 7 per cento perduto in appena due anni dalla Sinistra arcobaleno, eppure ha guadagnato soltanto l’1,9 rispetto al 2006 (e avendo nelle sue liste i Radicali, questa volta). La verità è che il Partito democratico non solo non ha sfondato al centro, non ha compiuto alcuna rimonta, non ha strappato al Pdl nemmeno un decimale di punto (e non è mai stato, sia detto per inciso, a “due punti di distacco” dall’avversario). La verità è che è accaduto l’esatto contrario: è il Pdl che ha strappato consensi al Pd, sfondando al centro ed espellendone l’avversario (che ha compensato le perdite a spese della Sinistra arcobaleno). Eppure, nell’intervista all’Unità, l’unica conclusione che Veltroni trae dall’esito del voto è questa: “Non si torna indietro. Strategia, scelte programmatiche e linguaggio sono giusti”.Quanto la disfatta subita sia da addebitare all’esperienza del governo Prodi e quanto alle scelte di Veltroni, naturalmente, può e deve essere oggetto di una discussione approfondita (e magari, per l’occasione, si potrebbe discutere pure delle rispettive responsabilità nella caduta dell’esecutivo). Certo è che dopo i ballottaggi, quale che sia il risultato, una simile discussione non sarà più rinviabile. E dovrà essere approfondita, serena, pluralistica – certamente – ma anche libera. Libera, innanzi tutto, dall’asfissiante cappa di conformismo che sin qui ha caratterizzato la dialettica interna ed esterna al Pd, ben oltre la misura che le difficoltà del governo prima e la campagna elettorale poi avrebbero giustificato. Quello che proprio non si può fare è negare l’evidenza. Continuare a raccontarsi la favola della grande rimonta e del successo oltre ogni previsione. La campagna elettorale è finita. E non sarà arrotondandosi il risultato dello 0,9 – come fa Veltroni sostenendo che il “primo dato” da considerare è che “abbiamo un partito riformista del 34 per cento” – o sostenendo che il raffronto non va fatto con le politiche del 2006, bensì con le provinciali del 2007, che si costruiranno le fondamenta di un roseo avvenire. Terminati i ballottaggi, definitivamente chiusa questa interminabile campagna elettorale, non ci saranno più alibi. Scriviamo di proposito prima di conoscere il risultato del voto nella capitale, augurandoci che Francesco Rutelli vinca. Ma sentire da Veltroni che l’eventuale sconfitta in Campidoglio non è da addebitare a lui perché non è lui il candidato sindaco – dopo avergli sentito ripetere per tutta l’intervista che la sconfitta alle politiche è da addebitare al governo guidato da Romano Prodi, che non ci risulta fosse il candidato premier – lascia molto, ma molto perplessi. Ed è addirittura scandaloso che Veltroni metta tra le principali colpe dell’ex premier persino l’indulto, dopo avere partecipato alle manifestazioni per l’indulto e per l’amnistia. Un comportamento che ricorda quello di John Belushi in Animal House, quando va a consolare il ragazzo in lacrime dinanzi all’automobile che gli amici hanno ridotta un rottame, gli mette una mano sulla spalla, lo guarda negli occhi e gli dice: “Vedi, hai commesso un errore. Ti sei fidato di noi”. Proprio così: ti sei fidato di noi. Come l’inno del Pd.La verità è che la leadership veltroniana si è tradotta sin qui in una sorta di centralismo carismatico, o forse dovremmo dire di cesarismo burocratico, capace di sommare in sé i peggiori vizi dei vecchi partiti comunisti e dei nuovi partiti personali modello Forza Italia (o Italia dei Valori, che è lo stesso). Dunque non deve stupire che alla scelta di andare da soli, proprio come nel 2001, seguano ora la chiusura identitaria e la lotta contro il regime. “Ho chiesto a molti colleghi stranieri – dice Veltroni – cosa sarebbe successo se nel loro paese un candidato avesse eletto a eroe un mafioso. Mi hanno risposto dicendo che sarebbe una cosa incompatibile con qualsiasi carica pubblica. In Italia invece questo è possibile”. Finita la nuova stagione, si torna ai girotondi. E anche più indietro, fino agli avanzi scaduti del vecchio Pci post-berlingueriano. Per dirla con le parole di Veltroni, si torna alla lotta contro “la volgarizzazione della società, la spietata individualizzazione, il genocidio di ogni idea di regola e di spirito pubblico”. Ma la strada della chiusura identitaria e del culto della propria diversità, che non ha funzionato nemmeno con Enrico Berlinguer, suona semplicemente grottesca se ripercorsa oggi, assieme a Massimo Calearo.La verità è che non si può annunciare un partito democratico, aperto e radicato, se in quello stesso partito nessuno – nemmeno la realtà – ha diritto di mettere in discussione la parola, le scelte e i risultati del leader. E questa non è una critica a Veltroni.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Il Partito Democratico, come ha spiegato Veltroni, innanzitutto dovrà lavorare insieme con le diverse opposizioni per costruire le condizioni di una convergenza. Chi ha vinto le elezioni deve tener conto di queste diverse opposizioni: "Chi interpreta il voto come un'onda che tutto travolge sbaglia sia perchè ci sarà una opposizione robusta sia perchè dimentica che il paese è diviso a metà visto che il 46% ha votato per altri e poi questa metà ha le sue articolazioni e soprattutto deve considerare che il 47% degli elettori non ha votato per chi poi sarà al governo". E’necessario avere un atteggiamento responsabile cercando il dialogo e aumentando le occasioni di incontro.
Prima ancora il dialogo deve provenire dal territorio, per questo è fondamentale il radicamento e la collaborazione con i cittadini e con le varie associazioni presenti.

“Il PD - ha dichiarato Veltroni – deve essere aperto alla società e radicato sul territorio valorizzando gli eletti negli Enti Locali e deve prendere le sue decisioni non facendo riferimento alle sedi e ai luoghi tradizionali”.
Un’apertura fondamentale se si pensa alle tante contraddizioni che vive la società odierna, che per paura tenda a chiudersi. Per questo Veltroni immagina un partito aperto, moderno che trasforma se stesso con un maggiore radicamento nella società, dove a contare di più sono gli associati, le persone che credono come nel caso del grande successo delle Primarie del 14 ottobre scorso e gli oltre 3 milioni e mezzo di elettori, gli eletti stessi con il loro rapporto diretto con i cittadini. Un partito, come ha precisato, che studi nuove forme di comunicazione e si apra al dialogo con le forze organizzate della società.

Proseguire la strada dell’innovazione, fortemente voluta dal PD è essenziale per Veltroni perché essa rappresenta la possibilità di dare quella risposta innovativa di cui la società ha bisogno in questo momento.
“Solo se il PD continuerà sulla strada di forte innovazione riformista a vocazione maggioritaria – ha dichiarato nel corso del suo intervento - potrà costruire scenari di collaborazione anche più intensi.” L’idea di Veltroni è quella di una grande forza di centrosinistra non come prosecuzione della storia della sinistra ma come forza che rappresenti la possibilità di risposte innovative e moderne fondate su valori solidaristici. Una vocazione maggioritaria che non significa esclusività ma occasione per costruire alleanze.

Alleanze per contribuire alla costruzione di una società solidale con valori condivisi che combatta i paradigmi attualmente in auge come il binomio ricchezza/povertà, a causa del quale aumentano le disuguaglianze, e poi l’insicurezza, il tema più devastante della società occidentale come ricorda lo stesso Veltroni, intesa come paura dell’altro, precarietà nel lavoro, insicurezza personale e sociale. Veltroni è convinto che il tema della sicurezza deve essere assunto dalle nostre culture solo come esse sanno fare e cioè impastando capacità di accoglienza , tutela e garanzie per i diritti dei singoli. Il PD in questo senso vuole contribuire per ricostruire un sistema economico e sociale, un sistema di sicurezza sociale e un sistema di valori condivisi attraverso l’accoglienza, la severità, il rispetto della legge e la tutela dei diritti.

da www.partitodemocratico.it

P.S. Discutiamo quando vogliamo, e quanto più seriamente è possibile, ma leviamoci dalla testa il pensiero di sostituire il migliore candidato premier della storia del centrosinistra. Dobbiamo intraprendere la strada del radicamento, per far comprendere alla gente le scelte del PD, e la strada giusta è quella contenuta in questa dichiarazione di Veltroni. Si può fare, ancora.

Anonimo ha detto...

grande post.........fatti sentire,tesò.........no si può fare-S'ADDA Fà!!!!

Anonimo ha detto...

Dato che parli di critiche, dalla parte critica dell'ex SG di Volla, ora socia fondatrice di Laboratorio Democratico, un avviso:
cercasi giovani motivati per serio rapporto collaborativo allo scopo di promuovere la cultura italiana agli stati europei e agli altri continenti e viceversa. Astenersi perditempo. Inviare CV su lidia079@libero.it facendo copia e incolla sul testo dell'e-mail. Scusa se uso tale blog ma, sai, dato che Veltroni un posto di lavoro sicuro non me lo garantisce, me lo son creata da me.
Lidia Ianuario, futura pubblicista de "Il Gazzettino Vesuviano", la voce di sinistra che scrive su un giornale di centro - destra senza mai essere stata censurata perché, regola d'oro, per fare attività politica e informazione seria e corretta bisogna avere l'umiltà di imparare l'imparzialità (verifica preventivo - consuntivo dei vari progetti promessi in campagna elettorale super partes). Mi perdonerai l'uso inappropriato di alcune parole ma è la sostanza ciò che conta e spero vi sia arrivato il mio messaggio|!